Memoria, diversità e linguaggio
Nel corso degli anni, molti artisti hanno incrociato il mio cammino, e io il loro. Non nutro altro che rispetto per il modo in cui scelgono di dedicare la propria vita all’arte. In un certo senso, si assiste a una frammentazione delle estetiche che deriva da input molteplici, dalla sovrastimolazione e dalla mancanza di un’esperienza fisica diretta della materia. Senza la sopravvivenza della memoria culturale, l’estetica e l’arte non possono sopravvivere.
Il viaggio è eterno, e le voci della nostra epoca che riescono a risuonare comprendono il ruolo della musica, della danza e della vita intesa come teatro… con Madre Terra come palcoscenico. Siamo su questo palco – tutti noi – parte della Terra. La condividiamo con innumerevoli altre specie, altre forme di vita (alcune delle quali stanno scomparendo mentre parlo), con lingue e dialetti, e con la diversità in senso più ampio. La diversità è un fenomeno in via di estinzione.
La leggibilità del lavoro creativo diventa meno importante della sua origine; ironicamente, la diversità scompare, proprio come la natura, in un mondo che proclama una grande varietà. Il linguaggio, come l’arte, presenta una serie di visioni del mondo, e quando una lingua viene incanalata e “verbalizzata”, quella visione del mondo finisce per essere artificiosamente costruita. Quanto desideriamo un linguaggio naturale, un modo di essere errante, capace di accogliere ciò che ci circonda senza vincoli o “interpretazioni”. Troppa informazione…