Il Lungo Presente
Nella fisica quantistica, il “qui e ora” o momento presente è descritto come il luogo di possibilità indefinite che collassano in una realtà concreta attraverso l’interazione o l’osservazione. Poiché io sono qui a scrivere e tu sei qui a leggere, questo articolo esiste. A differenza della visione classica del tempo, che organizza la storia dell’arte in modo lineare, il complesso intreccio della meccanica quantistica suggerisce che, fino a quando non viene esperito, tutto esiste in una sovrapposizione di tutti gli stati possibili. Può allora una mostra rappresentare esattamente questo tipo di situazione? Le opere d’arte diventano parte della nostra realtà concreta – della nostra cultura – solo attraverso l’interazione e l’osservazione del pubblico?
Questa era certamente la domanda che mi ponevo entrando alla Saatchi Gallery per incontrare l’ex direttrice Phillipa Adams, tornata in questo spazio un tempo (e forse ancora?) iconico – che ha consacrato così tante star dell’arte – per curare Il Lungo Presente. Celebrando quattro decenni di arte contemporanea, questa ambiziosa mostra collettiva presenta artisti strettamente legati alla storia dinamica della galleria, accanto a nuove voci di una generazione emergente. Di natura quasi quantistica, la mostra intreccia opere del passato e del presente in un unico, preciso momento.
Il titolo della mostra è ispirato a Brian Eno, che ha coniato l’espressione e fondato la piattaforma https://longnow.org partendo dalla convinzione che «le civiltà con un presente più lungo si prendono più cura delle cose». Mettere in discussione l’attuale cultura dell’usa e getta attraverso una visione a lungo termine rappresenta un’eccellente chiave curatoriale per una mostra che guarda alle esposizioni del passato. Il Lungo Presente è un progetto che ci riporta alle opere che hanno plasmato il nostro momento attuale, interrogandosi al contempo su ciò che possiamo fare per preservarle e sul perché questo sia importante.